Pillole di cultura finanziaria

Spunti per informarsi, capire e acquisire coscienza delle proprie scelte in campo finanziario.

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giovedì 19 febbraio 2015

OICR (fondi comuni) a gestione attiva o passiva. Una differenza da conoscere assolutamente per scelte consapevoli.


Per scegliere razionalmente un OICR (Organismo Investimento Collettivo del Risparmio semplificando i fondi comuni) da inserire a portafoglio, uno degli elementi più importanti da valutare è se il gestore adotta una tecnica di gestione attiva o passiva.
Come vedremo le differenze possono essere pesanti in termini di rischio, costi, performance.

Dobbiamo innanzitutto comprendere cosa significa gestione attiva o passiva per poi apprezzarne le conseguenze.

Immaginiamo di voler investire sul mercato azionario USA e in particolare sui titoli a più alta capitalizzazione.
Siccome è necessario verificare se il gestore del nostro fondo comune svolge con efficacia il lavoro per cui viene lautamente pagato, dovremo trovare uno strumento per valutare le performance ottenute in un dato periodo. Utilizzeremo quindi uno strumento di confronto (benchmark) che dovrà necessariamente avere alcune caratteristiche:
  • Essere coerente e riflettere esattamente l'andamento del mercato su cui vogliamo investire (Non ha senso ad esempio avere un indice di carattere generale quando si investe su una nicchia di mercato).
  • Non essere possibilmente un indice a carattere commerciale, ma il più possibile indipendente rispetto a logiche di mercato.
  • Essere a ritorno assoluto. Cioè deve comprendere anche (ad esempio nel caso dei mercati azionari) tutti i dividendi maturati nel periodo di osservazione.
  • Essere facilmente reperibile in rete.
Solitamente ci sono specifici emittenti (Standard & Poor's, Morgan Stanley Capital International, JP Morgan ecc.) che elaborano gli indici più utilizzati nel mondo finanziario. Occorre anche ricordare per una corretta valutazione, che gli indici non sono gravati da costi di gestione e quindi, in qualunque confronto, sono avvantaggiati rispetto alle performance ottenute.
Tornando al nostro esempio potremo ragionevolmente scegliere l'indice SP500 che riflette in modo preciso e coerente l'andamento del mercato sul quale abbiamo deciso di investire.
A questo punto abbiamo gli elementi per comprendere che:

Un OICR  a gestione ATTIVA avrà come obbiettivo di SOVRAPERFORMARE il mercato di riferimento (espresso nel suo andamento dal relativo benchmark).

Un OICR  a gestione PASSIVA avrà come obbiettivo di REPLICARE con la maggiore fedeltà possibile il mercato di riferimento (espresso nel suo andamento dal relativo benchmark).

Chiarito questo punto diventa fondamentale un'analisi, almeno elementare, delle principali caratteristiche delle due tipologie di approccio. Queste infatti potranno influenzare in modo pesante il risultato finale del periodo di osservazione.

OICR A GESTIONE ATTIVA
  • OBBIETTIVI DI INVESTIMENTO: generare costantemente un risultato superiore rispetto al mercato di riferimento (benchmark). Questa caratteristica - se e quando rispettata - si presenta come un vantaggio indiscutibile. Tanto quanto difficile da ottenere.
  • RISCHIO POSSIBILE: il gestore attivo farà inevitabilmente scelte "forti" rispetto alla composizione dell'indice per cercare di sovraperformarlo. Nel nostro esempio (semplificando molto) rispetto ai 500 titoli che compongono lo SP500 ne sceglierà magari 80 o 100 e anche i singoli pesi saranno assai diversi all'interno del paniere. Essendo la selezione molto più concentrata si potrebbero riscontrare oscillazioni (positive come negative) del portafoglio più sensibili rispetto al mercato di riferimento.
  • PERSISTENZA DEI RISULTATI: per le stesse motivazioni appena spiegate, sarà assai probabile che la persistenza (costanza) dei risultati rispetto al benchmark, sia più difficile da ottenere. Questo ovviamente dipenderà (anche) dalla capacità del gestore oltreché da altri fattori quali imprevisti o semplicemente dalla fortuna. La persistenza dei risultati è uno degli aspetti da ricercare e monitorare con la massima attenzione ricordando sempre che i dati disponibili saranno sempre ex post e quindi MAI predittivi o fonte di garanzie di analoghi risultati nel futuro.
  • MIGLIORI PERFOMANCE VS MAGGIORI RISCHI O COSTI: sovente gli investitori sono colpiti dalle migliori performance positive generate da uno specifico veicolo di investimento. Ciò è chiaramente insufficiente. É invece fondamentale tentare di rispondere a una importantissima domanda: per ogni punto di guadagno ottenuto in più (oltretutto in una particolare finestra storica), quanti punti di rischio e quanti di maggiori costi si sono pagati? Questa domanda è ovviamente fondamentale soprattutto nel caso di un OICR a gestione attiva.
  • COSTI DI INGRESSO: purtroppo sono applicati ancora in molti casi e sono un pesante fardello di cui cercare SEMPRE di sbarazzarsi. Senza se e senza ma. Perché? Proviamo con un esempio elementare ma realistico. Se abbiamo 100 da investire e ci viene applicato un costo del 5% in realtà non investiamo 100 ma solo 95. Ciò significa che PRIMA DI INIZIARE A GUADAGNARE dobbiamo recuperare il 5,263%! Fatto questo non banale. Remunerano esclusivamente chi vende il fondo.
  • COSTI DI GESTIONE: i costi di gestione sono quelli che - teoricamente - dovrebbero andare a remunerare il gestore per il suo lavoro di allocazione e manutenzione del portafoglio. Peccato che mediamente NON vadano e remunerare il gestore, ma che siano utilizzati - anche fino all'ottanta per cento - per remunerare la rete di distribuzione. Due conti versione A: su 100.000 € pagando in media il 2% di costi di gestione vi vengono prelevati 2.000 € all'anno. Di questi ben 1.600 NON remunerano il gestore, ma chi vi vende il fondo comune. Due conti versione B: Se il mercato genera una performance del 4 % e togliamo il costo del 2% rimane all'investitore una performance netta del 2%. Cioè il 50% del risultato del mercato. Oltre ovviamente a quanto abbiamo visto al punto precedente. Ricordatevene quando vi dicono che il servizio è gratuito. Curiosità: esistono diverse classi dello stesso fondo comune che quasi sempre si differenziano per la tipologia di costi applicati. Quelle vendute ai risparmiatori finali hanno costi sensibilmente più elevati (per remunerare il servizio "gratuito") e quelle per gli investitori istituzionali che hanno invece costi minimi.
  • NEGOZIABILITÁ: attualmente e di fatto se si acquista un OICR a gestione attiva da un intermediario è assolutamente impossibile rivenderlo presso un altro intermediario se questo non ha un accordo commerciale con la società di gestione che ha prodotto l'OICR; limite questo non da poco (la situazione potrebbe in teoria evolvere rapidamente, ma ho più di un dubbio che possa accadere). Siccome poi questi prodotti hanno un'impostazione e una tecnicità che non è stata prevista per un'operatività immediata, se si rende necessario comprare o vendere alcune quote, dal momento dell'ordine trascorreranno alcuni giorni prima che l'operazione possa essere realmente conclusa. Analogamente in caso di vendita prima che sia disponibile la liquidità sul C/C. Due le principali conseguenze: A) è assolutamente impossibile stabilire un prezzo di acquisto o di vendita, B) la determinazione del valore dell'operazione stessa diventa assolutamente casuale e quindi in condizioni di elevata volatilità il risultato finale può variare su alcuni prodotti in modo sensibile.

OICR A GESTIONE PASSIVA
  • OBBIETTIVI DI INVESTIMENTO: replicare costantemente e con la massima fedeltà possibile l'andamento del mercato di riferimento (benchmark). É un risultato teoricamente semplice da ottenere almeno sui principali mercati, decisamente più complesso su altri meno liquidi o facili da replicare. Sono strumenti estremamente interessanti utilizzati in particolare  dal mondo dei gestori istituzionali  che ne sono i principali compratori (banche, fondi comuni attivi, compagnie assicurative, fondi pensione ecc.) per l'allocazione dei loro portafogli. Essendo la scelta vastissima, permettono di prendere posizione sia su principali mercati, sia su aree geografiche o settori di investimento altrimenti irraggiungibili o estremamente specializzati. Curiosità: il mercato italiano è uno dei più interessanti per numero di operazioni effettuate (non per i volumi totali). Questo perché sono utilizzati in modo sempre più importanti dal mondo degli investitori non istituzionali e quindi essenzialmente dai risparmiatori.
  • RISCHIO POSSIBILE: il gestore passivo farà inevitabilmente scelte finalizzate a non cercare di sovraperformare il mercato di riferimento. Nel nostro esempio (semplificando molto) rispetto ai 500 titoli che compongono lo SP500 dovrebbe averne a portafoglio proprio 500. Anche i singoli pesi dovrebbero coincidere con quelli dei singoli titoli all'interno del benchmark. I metodi di replica (altro tema estremamente importante) sono diversi e verranno affrontati in un prossimo intervento. In questo caso quindi il portafoglio salirà e scenderà - tendenzialmente - nella stessa misura del mercato e sarà assente l'azione di un gestore (attivo) che tenti di intervenire per ridurre la volatilità. Questa caratteristica insieme a quelle del punto precedente - se conosciuta - può essere proficuamente utilizzata e non essere necessariamente uno svantaggio.
  • PERSISTENZA DEI RISULTATI: per le stesse motivazioni appena spiegate, la persistenza (costanza) dei risultati rispetto al benchmark, dovrebbe tendere teoricamente alla perfezione. I periodi particolarmente positivi e quelli assai deludenti non saranno quindi funzione del lavoro del gestore, ma di fatto dell'andamento del mercato stesso. Sarà quindi opportuno, soprattutto nel caso di scelte autonome da parte dell'investitore,  concentrarsi sulle tipologie di strumenti passivi più semplici e su mercati più importanti senza azzardarsi su soluzioni poco conosciute o poco liquide.
  • MIGLIORI PERFOMANCE VS MAGGIORI RISCHI O COSTI: in questo caso, mancando gli aspetti tipici di una gestione attiva, il problema di fatto non sussiste rispetto alla tipologia stessa.
  • COSTI DI INGRESSO: non esistono. Si paga al proprio intermediario solo il costo per il servizio di compravendita che è assai più contenuto rispetto ai costi di ingresso (ove applicati) degli OICR a gestione attiva. Da un intermediario online si può ottenere un costo dello 0,19% per ogni operazione. In questo caso - aspetto fondamentale - potrà anche essere concordato un costo minimo e massimo (es. min. 2,95 € e max. 19 €). Proviamo con un esempio banale ma realistico. Se abbiamo 100 da investire e ci viene applicato un costo del 0,19 % in realtà non investiamo 100 ma ben 99,81! Ciò significa che PRIMA DI INIZIARE A GUADAGNARE dobbiamo recuperare solo lo 0.19%! Non solo, rifacendosi al costo massimo, nel caso di un'operazione il cui controvalore sia di 20.000 € il costo, che dovrebbe essere di 38 € (0,19% di 20.000), diventa di soli 19 € proprio grazie al costo massimo per operazione. In questo caso quindi si paga solo lo 0,095 %! Da questo punto di vista i vantaggi sono evidenti. Inoltre in questo caso la percentuale di costo reindirizzata alla rete di vendita è davvero minima.
  • COSTI DI GESTIONE: i costi di gestione sono quelli che remunerano ESCLUSIVAMENTE il gestore per il suo lavoro di allocazione e manutenzione (passive rispetto al benchmark) del portafoglio. Due conti versione A: su 100.000 € pagando in media lo 0,7% di costi di gestione vi vengono prelevati 700 € all'anno. Di questi il 100% remunerano il gestore. Attenzione NON remunerano la rete di vendita! Due conti versione B: Se il mercato genera una performance del 4 % e togliamo il costo del 0,7% rimane all'investitore una performance netta del 3,3%. Cioè il 82,5% del risultato del mercato. Oltre ovviamente a quanto abbiamo visto al punto precedente. Ovviamente difficilmente vi saranno proposti da quelli che vi dicono che il loro servizio è gratuito. Curiosità: esiste una sola classe dello stesso fondo comune. I risparmiatori finali hanno quindi costi di gestione assolutamente identici agli investitori istituzionali.
  • NEGOZIABILITÀ: se si acquista un OICR a gestione passiva da un intermediario è possibile rivenderlo presso qualunque altro intermediario (ovviamente sarà necessario trasferirlo nel relativo deposito titoli) per il semplice fatto che NON è necessario un accordo commerciale tra produttore e distributore; vantaggio questo non da poco. Siccome poi questi prodotti hanno un'impostazione e una tecnicità che è stata specificatamente prevista per un'operatività immediata e continuativa, se si rende necessario comprare o vendere alcune quote, dal momento dell'ordine occorreranno poche frazioni di secondo prima che l'operazione sia realmente conclusa una volta accettato il prezzo della controparte. In pratica si comprano e vendono con gli stessi tempi e modalità di un'azione o di un'obbligazione (attualmente in continua dalle 09.00 alle 17.25). Inoltre in caso di vendita la liquidità sarà disponibile sul C/C dopo soli tre giorni lavorativi. Due le principali conseguenze: A) è assolutamente possibile stabilire un prezzo di acquisto o di vendita, B) la determinazione del valore dell'operazione stessa non è più legata alla casualità.
Ora, a conclusione di questa disamina volutamente molto semplice e non esaustiva, spero che chi ha avuto la pazienza di leggere queste note, possa avere un quadro assai più chiaro.
Utile (almeno) per domandarsi che tipo di prodotto detiene a portafoglio o gli viene proposto di acquistare.
Le differenze dovrebbero ormai essere tanto evidenti quanto importanti da comprendere e valutare.
Qualcuno potrebbe anche chiedersi quale tipologia di OICR tra quelle valutate sia la migliore.
Credo personalmente che sia una domanda senza risposta netta. Al contrario ritengo che la migliore soluzione sia l'utilizzo di un mix di entrambe le soluzioni. I pesi e le tipologie dovranno essere ponderati con la massima attenzione al rispetto assoluto del proprio profilo di rischio e alla coerenza tra le proprie esigenze e le condizioni di mercato.
Soprattutto nel caso di scelte autonome da parte dell'investitore dovranno essere privilegiati solo quei veicoli di investimento che siano assolutamente semplici, trasparenti, quotati su mercati facilmente accessibili e a basso costo e di cui (in assoluta onestà con se stessi) si siano comprese perfettamente tutte le caratteristiche. Altrimenti il rischio di delusioni pesanti diventa comunque altissimo.
Indipendentemente dalla tipologia di OICR utilizzati.

mercoledì 7 marzo 2012

La tragedia greca. Gli attori sono tutti sul palco?





Considerando quanto, proprio in questi giorni sta accadendo sui mercati, abbiamo deciso di condividere con i nostri lettori alcune semplici considerazioni.
Lungi da noi fare una disamina tecnico-finanziaria-politico-economica-ecc... queste già si sprecano sul web.
L'obbiettivo è un altro: dare una risposta alla domanda del titolo di questo post e ragionare sul fatto che probabilmente gli attori che non recitano sotto le luci del palco ma dietro le quinte di questa (vera) tragedia greca, sono in realtà importantissimi. 
O meglio potentissimi.
Queste informazioni reperibili con facilità in rete, non le vedrete mai nei vari "Tiggì" nazionali (dove peraltro hanno parlato a lungo della farfallina sull'inguine di Belen). Chiedetevi perché...
Ma andiamo con ordine.
La storia. O meglio il problema centrale della tragedia.
La Grecia ha avuto negli anni una classe politica che ha attuato una gestione della cosa pubblica che, con un eufemismo assai riduttivo, si potrebbe definire particolarmente allegra e spensierata. Molti di Voi ricorderanno sicuramente quando a scuola ci venne insegnato il concetto di "buon padre di famiglia". Bene, la gestione del denaro (e dell'economia) greci è stata finora esattamente l'opposto. Ogni volta che pensiamo alla Grecia ricordiamo con stupore un articolo de "Il sole 24 ore" di qualche tempo fa che spiegava come in quel Paese i forestali ricevessero un premio (!) per non lavorare in ufficio, ma andare per boschi a fare il loro lavoro. I politici locali non solo hanno mentito (ai Greci e al mondo intero), ma hanno continuato con politiche dissennate.
Ciò ha creato un debito enorme (rispetto alle capacità del paese) fino al paradosso delle Olimpiadi organizzate e gestite praticamente quasi totalmente a debito (Prof. Monti grazie!). Impianti che, peraltro, dopo pochi anni giacciono quasi totalmente abbandonati e che non hanno generato l'aumento di flusso di turismo con cui furono "venduti" ai Greci e al mondo intero.
Il debito (chiaramente sotto forma di obbligazioni) ha raggiunto livelli talmente elevati da non essere più sostenibile né rimborsabile senza salvataggi e manovre di assoluta emergenza.
La situazione si fece talmente grave da avere un Paese Sovrano con bilanci ... non propriamente in regola.

Gli attori della tragedia:
  • I politici greci (di tutti gli schieramenti). Come abbiamo detto, hanno attuato una gestione del bilancio statale al limite dell'incredibile, collezionando probabilmente un lungo elenco di tutte le cose che un politico non dovrebbe fare contro il proprio paese. La demagogia e la ricerca del consenso hanno prevalso su tutto. In particolare sul bene e sul futuro del Popolo greco. Il "laissez faire" ha raggiunto livelli inimmaginabili e le convivenze hanno accentuato le mediterranee capacità di "autoregolamentarsi". Sempre a titolo di esempio la potentissima lobby degli armatori paga tasse talmente basse da potersi di fatto considerare quasi nulle. E non è che in Grecia, ci siano molte altre tipologie di attività produttive...
  • I creditori. Chi detiene il debito greco? Il sig. Bianchi? Il sig. Dupont? Il sig. Muller? Praticamente no: solo circa il 6-7% è in mano ai privati. Il grosso della "torta" è in mano a investitori istituzionali. Qualcuno potrebbe candidamente domandarsi: "ma allora a noi piccoli risparmiatori cosa importa?". Importa eccome. Infatti gli investitori istituzionali di cui sopra, sono innanzitutto banche. E, guarda caso, principalmente banche della Germania e della Francia. Se quindi la Grecia facesse formalmente default (cioè fallisse) queste banche (ma anche di conseguenza i loro Paesi) avrebbero gravissimi problema di stabilità da risolvere (pur nella loro indiscutibile solidità). E se un Paese mediterraneo (leggi con gestione allegra della "res pubblica") dovesse fallire, cosa immaginate potrebbe accadere al debito pubblico degli altri paesi bagnati dallo stesso meraviglioso mare? Ecco quindi che il sig. Bianchi deve avere molto interesse per la tragedia greca.
  • I pastori del gregge. Un proverbio vecchio come il mondo insegna che per un pastore è estremamente più oneroso riprendere il suo gregge che non metterlo in sicurezza prima che scappi e sia di conseguenza oggetto dell'attacco dei lupi. Sono chiare a questo punto (anche grazie alle preziose notizie dei Tiggì) le lacune che da sempre hanno caratterizzato l'azione delle (http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-02-06/solo-colpa-grecia-215436.shtml?uuid=Aaoys6nE&fromSearch) istituzioni europee. Non solo; mancando proprio un'istituzione in grado di decidere autonomamente, abbiamo assistito al triste spettacolo (tragedia nella tragedia) di tante comari - con rispetto parlando -  che pretendevano ognuna di imporre la propria soluzione. E quale tra di loro ha potuto imporre la propria volontà? Banalmente la più forte (indovinate quale). E intanto il tempo passava, passava, passava...
  • Gli avvoltoi. Un avvoltoio ha una funzione fondamentale nel grande disegno della natura: eliminare gli animali feriti o morti. Qualcosa di simile esiste in finanza anche se non necessariamente svolge una funzione utile alla comunità. Tuttavia con gli avvoltoi o le iene esiste un preciso punto in comune: entrambi colpiscono dove c'è debolezza o un soggetto agonizzante. Ci sono veicoli di investimento che proprio (solo) da queste situazioni traggono guadagni enormi. Non è questa la sede per discutere se sia giusto o meno (o meglio come andrebbero regolamentati) ma di fatto esistono e sono potentissimi. La loro strategia elementare è quella "corta". Vendo oggi un titolo  (che magari è già in difficoltà) che materialmente non possiedo a 80 e mi impegno a consegnarlo all'acquirente dopo un certo tempo. Subito prima della consegna lo compro per poterlo consegnare e lo pago 60 ed ecco ottenuto il guadagno. E' chiaro che questa operatività può aumentare considerevolmente la spinta al ribasso del valore del titolo. Esiste poi un altra strategia che chiameremo "il fiammifero e la casa del vicino" per cui vi rimandiamo al punto successivo.
  • Gli "assicuratori". La prima cosa che fate quando acquistate un automobile è l'assicurazione per la responsabilità civile. Il motivo è semplice: trasferite il vostro rischio, dietro pagamento di un costo certo, alla compagnia assicurativa. In finanza esistono diverse soluzioni che apparentemente sembrano identiche a una copertura assicurativa e che sono gli strumenti derivati. In questo caso, ci riferiamo in particolare ai Cds (vedi http://pillolediculturafinanziaria.blogspot.com/2010/05/pillole-di-cultura-finanziaria-4-i-cds.html). Il rischio viene trasferito da chi lo detiene ad una controparte mediante il pagamento di un premio certo. Ci sono tuttavia "piccole differenze" che riteniamo utile spiegarvi per farvi comprendere quanta importanza possono avere nella situazione attuale. 1) sono contratti che di fatto non sottostanno ad alcuna normativa: vengo concordati solitamente al telefono (!) tra le due parti che chiaramente sono investitori istituzionali e per importi che si misurano i milioni di dollari, 2) sono trattati fuori dai mercati regolamentati e senza alcuna garanzia, 3) l'"assicuratore" solitamente è una banca o un'altra istituzione finanziaria che non è detto che si assuma rischi sempre proporzionati alla propria solvibilità 4) è anche possibile "assicurare" non la propria autovettura ma quella di un'altra persona che neanche conosciamo, 5) la copertura scatta esclusivamente in caso di default dichiarato e quindi ufficiale. Per capire le conseguenze facciamo un esempio. "Qualcuno" decide di fare una scommessa: sa che il negozio vicino a casa sua ha gli impianti elettrici assai carenti e completamente fuori-norma e che gli estintori previsti dalla legge sono completamente scarichi perché non ha i soldi per farli revisionare. "Qualcuno" sottoscrive quindi un contratto per coprirsi dal rischio di incendio (che sa benissimo essere assai probabile) del negozio vicino a casa. Assicura quindi un rischio che non gli compete direttamente. Un giorno di vento si vede del fumo uscire dal negozio "assicurato" e "Qualcuno" inizia a trepidare: sa che fino a quando non arriva la chiamata ai vigili del fuoco ufficialmente non c'e incendio e quindi non potrà incassare la copertura assicurativa. Ora, questo banale esempio riflette il vero il gioco delle parti infatti: A) i governi, le banche detentrici del debito greco e il mondo intero trepidano e tentano di agire in modo tale da arginare l'incendio  ed evitare che si propaghi ai Paesi vicini, B) "Qualcuno" invece e al contrario, non vede l'ora (anzi magari gira con in tasca una scatola di fiammiferi) che l'incendio inizi e sia forte, ma teme perché se l'incendio non viene "certificato ufficialmente" nessuno lo risarcirà, C) l'assicuratore nonostante abbia incassato lauti premi, ha una paura nera per due motivi: 1) si troverebbe a dover pagare cifre spropositate 2) visto che in realtà non è un vero assicuratore non è affatto detto che sia solvibile o che, il alternativa, se paga non rischi seriamente di fallire a sua volta.
Le principali strategie di uscita.
  • Le cure (1). Qualche tempo fa, un nostro assistito ci ha fatto un esempio che abbiamo trovato davvero interessante e che quindi vi proponiamo. Se il vostro pargoletto ha la febbre alta c'è una sola cura possibile: "introdurre" nel suo corpo un noto farmaco antipiretico. Però, se due genitori incoscienti discutono per due ore sul dosaggio, alla fine non è poi possibile "introdurre" sette "dosi" una dietro l'altra per compensare il tempo perso; il vostro pargolo urlerebbe (a ragione) fino a farsi sentire all'ottavo piano di casa. Ebbene, questo è quanto viene imposto al popolo greco. Genitori irresponsabili, cura giusta, ma dosaggi perlomeno discutibili. E i Greci - comprensibilmente e giustamente - urlano fortissimo.
  • Le cure (2). Anche i Tiggì ci hanno spiegato (poche volte per la verità) che per abbattere il debito pubblico ci sono principalmente due strade: A) ridurre la spesa pubblica B) stimolare la crescita del paese. La riduzione della spesa pubblica in Grecia era sicuramente la prima strada da percorrere e la necessità era (e ancora è) di lavorare non di bisturi ma di machete tanti erano e probabilmente ancora sono gli sprechi. In fondo (e senza ipocrisia) lo Stato è come un'azienda: se i costi superano le entrate, semplicemente fallisce. Ma l'assunto teorico va tradotto in pratica con la giusta misura (vedi punto precedente), altrimenti la cura rischia di diventare peggiore del malanno. Per quanto riguarda il secondo punto, nessun notiziario ha detto (!) che il pil della Grecia è da anni negativo. Pesantemente negativo. Ciò significa che il problema del debito pubblico ellenico - a queste condizioni - non può risolversi per il semplice fatto che, se le entrate diminuiscono - se non si produce, non si generano utili sui quali non si pagano le tasse -, diventerà impossibile restituire il dovuto.
  • L'haircut e lo swap. Siccome i principali creditori sono istituzionali, è relativamente facile sedersi attorno a un tavolo per cercare una strategia di uscita. La proposta - semplificando - è questa: invece di perdere tutti i vostri soldi accettate un'operazione di "sostituzione" tra i vecchi titoli ed altri nuovi con le seguenti caratteristiche: A) una perdita di valore del 50%, B) un ri-scadenziamento verso date assai più lunghe, C) una forte riduzione degli interessi. Questa soluzione avrebbe alcuni evidenti importanti vantaggi: 1) i creditori non perderebbero tutto il loro credito, 2) si eviterebbe l'ufficializzazione del default e quindi non scatterebbero le garanzie sui Cds con tutti i problemi relativi, 3) potrebbe essere l'inizio di (una parte) della strategia di uscita da questa situazione. Gli aspetti negativi sono: A) a queste sole condizioni non si risolve il problema, ma lo si posticipa nel tempo, B) non viene neanche affrontato il gravissimo problema della mancanza di crescita del paese, C) è necessaria l'adesione di almeno il 75% dei creditori privati, fatto questo assolutamente non scontato. Se non si raggiungerà questo accordo il Governo Greco ha già dichiarato che non pagherà gli investitori privati (leggi istituzionali) (http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-03-06/atene-paga-dice-swap-220333.shtml) fatto logicamente gravissimo.
In conclusione, la situazione è davvero potenzialmente molto pericolosa, ma banalizzando moltissimo, il danno di un default ufficiale della Grecia sarebbe talmente grave e soprattutto diffuso che continuiamo a sperare con chi ci legge che le istituzioni e tutte le parti in causa riescano a trovare un accordo per uscire con i minori danni possibili da questa situazione.

Al popolo greco infine gli auguri di essere in grado di scrollarsi di dosso l'attuale classe politica e di poter nuovamente accedere ad una vita e un futuro migliori. Comunque dignitosi come ampiamente si merita.

mercoledì 14 settembre 2011

"Sciurbì e sciuscià u nu se po fà" (proverbio ligure)



"Sciurbì e sciuscià u nu se po fà"
Sorbire e soffiare non si può fare

Non ce ne vogliano i nostri lettori per questa trascrizione probabilmente non corretta, ma oggi vorremmo partire da un famoso e bellissimo proverbio ligure. Crediamo molto nella saggezza (forse elementare ma comunque reale) dei proverbi e questo ci pare particolarmente indicato in merito ad un particolare aspetto del momento che stiamo attraversando.

Premessa: NON vogliamo fare in alcun modo fare politica.

Tuttavia ci pare davvero macroscopico quanto sta accadendo nelle stanze del potere particolarmente nel nostro paese, ma anche in tanti altri del mondo occidentale.

Riteniamo infatti che TUTTA la classe politica particolarmente dell'area mediterranea (dall'estrema destra all'estrema sinistra) sia stata assolutamente incapace (in tanti anni) di muoversi coerentemente all'evolvere dei tempi ed agire di conseguenza. O meglio che non abbia avuto la volontà di agire come in fondo sapeva benissimo di dover fare.

Il problema tragico del debito pubblico non è nato tre mesi fa. E' una sorta di cancrena sociale che è nata quando il paese e l'economia si basavano su idee e presupposti che ormai appartengono al medioevo. La colpa che ci pare gravissima non è stata quella di avere fatto scelte magari sbagliate. La colpa è quella di NON aver fatto scelte.

Chi evocando nei cittadini questa o quella paura, chi demonizzando i propri avversari fino alla noia, chi ricorrendo alla retorica, chi facendo bandiera (magari non elegantissima) di una non corretta interpretazione del detto "In medio stat virtus", chi ancora ha proposto soluzioni che hanno fatto (e ancora allegramente fanno) fuggire i capitali all'estero (per favore: è scorretto ma bisognerebbe proporre misure che siano realistiche altrimenti altro che cancro dell'evasione fiscale), tutti gli schieramenti hanno fatto come quella massaia che invece di faticare per raccogliere la polvere la nascondeva sotto al tappeto. Tanta demagogia a caccia del facile consenso, ma fatti (risolutivi) zero. Il concetto semplice ma efficace di "tira e molla" si è semplificato in un lungo, estenuante, noioso, inefficace: "tira e basta". E intanto il debito pubblico saliva.

Basta vedere quanto accaduto nel nostro paese, o negli USA, o in Finlandia, o in Germania, o in Grecia o... dove volete. Debito sì o debito no, ma quando si parla di voti la copertina è sempre troppo corta e la demagogia dilaga. Forse non in Cina dove decidono e agiscono sicuramente senza tanti problemi. Pare però che lì abbiano (anche) un concetto di democrazia un po' diverso.

Oggi però c'è qualcuno che di tutto questo si è stufato e sono i mercati. Non a caso una vecchia definizione li identifica in modo abbastanza eloquente: "I mercati sono il peggior sistema... dopo tutti gli altri."

Oggi il tempo della demagogia è finito e occorre mettere mano al più potente aspirapolvere per fare pulizia a fondo sotto il tappeto e cambiare per sempre sistema.

Consigliamo caldamente la lettura di questo articolo:


Cordiali saluti a tutti voi.

venerdì 26 agosto 2011

Non esistono più i... porti sicuri di una volta.



Parafrasando un'espressione abusata vorremmo ritornare su due argomenti che ci sono cari e che, a volte, sono fonti di problemi per molti investitori:
  • la forza, sovente distruttiva, della finanza comportamentale
  • gli investimenti "sicuri" e i beni "rifugio"

Lo spunto ci è dato nuovamente da un interessantissimo articolo de "Il sole 24 ore" a cui vi rimandiamo per un'attenta lettura.


Riteniamo utile fare alcune considerazioni in merito a quanto abbiamo sostenuto in tempi non sospetti e che in questa calda estate trova conferma nell'andamento dei mercati.

Anche in questa occasione cercheremo di semplificare il più possibile senza tuttavia banalizzare gli argomenti oggetto di questo intervento.

In condizioni "normali" un azione dovrebbe crescere di valore tanto quanto l'azienda che rappresenta si dimostra in grado di crescere solida e soprattutto di produrre utili e quindi dividendi.
Un'obbligazione invece dovrebbe generare utili in funzione del suo prezzo di acquisto rispetto a quello di vendita o di rimborso più l'eventuale flusso cedolare.
I valori di queste classi di investimento potrebbero invece diminuire e potenzialmente generare pesanti perdite in conto capitale (fino al caso estremo del fallimento dell'azienda o del default dell'emittente), se fattori diversi influenzassero negativamente questi e altri aspetti.

Alla luce di queste considerazioni valutiamo cosa è accaduto in questi due mesi sulle piazze finanziarie.
  • Abbiamo assistito ad una fortissima flessione di tutti i mercati azionari.
  • Abbiamo assistito ad una fortissima sofferenza di quasi tutti i mercati obbligazionari con particolare riferimento agli emittenti nazionali dell'area euro. Non solo periferici.
  • Abbiamo assistito ad una fortissima rivalutazione dell'oro e del franco svizzero tradizionalmente considerati "porti sicuri". Analogamente c'è stato un crollo dei rendimenti (sotto il 2% su titoli a 10 anni!) dei titoli di stato americani e tedeschi causa l'eccessiva domanda e conseguente aumento di prezzo, legati al fatto che questi titoli sono ritenuti i più sicuri al mondo. In queste particolari condizioni il rendimento diventa un aspetto assolutamente irrilevante rispetto alla solidità.
  • Abbiamo assistito al declassamento del debito americano, giudizio peraltro emesso da una sola agenzia di rating. Agenzia che, stranamente, ora è sotto inchiesta da parte delle autorità degli USA. Fonti ufficiali hanno dichiarato che si trattava di un'inchiesta precedente al downgrade, tuttavia rimane curioso che ad essere indagata sia solo una sola delle "tre sorelle".
  • Abbiamo assistito ad un attacco frontale ai titoli di stato che, seppur per poco e marginalmente, ha interessato economie che vantano (tra le sole 20 al mondo) il rating AAA sinonimo di massima solvibilità.
  • Abbiamo assistito al proliferare di notizie talmente infondate da sembrare assurde  (vedere ad esempio le notizie sul possibile declassamento della Germania: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2011-08-25/borse-europee-rialzo-cala-090006.shtml?uuid=AaFRbqyD) che tuttavia hanno avuto pesanti conseguenze sui mercati. Grave il fatto che a queste notizie, comparse su alcuni social network, è stato dato lo stesso peso che avrebbero avuto se a diffonderle fossero state la Fed o la BCE.
  • Abbiamo assistito su entrambe le sponde dell'Atlantico, a spettacoli della politica davvero indecorosi; sempre molto più interessata a non perdere consensi presso l'elettorato che a risolvere (realmente) i problemi che si sono accumulati negli anni. Infatti, grazie ad un crudele scherzo del destino questa crisi è iniziata praticamente a ridosso delle elezioni in USA, Francia, Germania, Spagna, Italia. In Giappone peraltro sta nascendo il sesto governo in cinque anni. Ci sono politici che non sono noti per il loro decisionismo esasperato (indovinate chi) e che si sono uniformati ai loro colleghi e appiattiti sui veti invece che sulle soluzioni. Soluzioni che dovranno essere oggettive e per questo dolorose e difficili. Soluzioni infine che, in modo coordinato e univoco, i governanti si troveranno nella condizione inderogabile di prendere. E la "patata bollente" ha cominciato a saltare da una mano all'altra senza trovare il modo di raffreddarsi. In mercati ringraziano nella consapevolezza che l'aspetto che più li destabilizza è proprio la mancanza di stabilità e di chiarezza.

Valutati i principali eventi che si sono realizzati proviamo a porci alcune domande:
  • Quanto l'economia "di carta" in questo periodo riflette correttamente l'andamento di quella reale? Ad esempio è possibile che le aziende tedesche (e quindi l'economia della Germania) valgano globalmente il 30% in meno di qualche mese fa?
  • Se le azioni e i titoli di stato area euro sono crollati a causa delle vendite, dov'è stata indirizzata la liquidità che hanno generato? Mercato in forte discesa.
  • Per investire pesantemente in titoli di stato USA e della Germania, oro, franco svizzero, creando un loro probabile irreale sovrapprezzo, da dove è stata drenata la necessaria liquidità? Mercato in forte salita.
  • In che misura queste oscillazioni eccessive riflettono una situazione oggettiva? Quanto sono influenzate dalla finanza comportamentale e quindi sono irrazionali? Quanto in queste condizioni la "speculazione" riesce a guadagnare?
  • Se le valutazioni di oro, bund, treasury ecc., fossero troppo elevate, cosa potrebbe accadere a questi "porti sicuri" soprattutto per chi vi è approdato tardi? Coloro che vanno per mare sanno benissimo che ci sono molti porti che, pur essendo al loro interno protetti, sono molto pericolosi quando si deve scegliere il giusto momento per entrare o uscire. Il rischio oggettivo è di uno schianto sugli scogli legato proprio alla scelta del momento e a volte diventa necessario proseguire la navigazione in mare aperto per quanto agitato possa essere. Chi ha investito in oro o franchi svizzeri una decina di giorni fa, oggi può pensare di aver fatto un investimento sicuro? Inoltre qual'è il concetto di investimento sicuro e rispetto a cosa?
  • Pianificazione e diversificazione. Parole abusate, ma fondamentali, se coerenti alle reali esigenze e obbiettivi degli investitori (almeno in reale assenza di conflitto di interessi). Quanto possono aver contribuito a contenere le oscillazioni dei portafogli rispetto a quelle dei mercati?
  • Con un portafoglio "accettabilmente" diversificato (l'avverbio concerne il suo andamento rispetto a quello dei mercati a parità di periodo), sarebbe stato corretto vendere in preda al panico o sarebbe stato più proficuo continuare la navigazione, tenendo il timone ben saldo verso la propria destinazione?
  • Chi ha venduto in questo periodo avrà tentato di fare qualche valutazione più approfondita della reale situazione o si è fatto guidare esclusivamente dalle proprie emozioni? A puro titolo di esempio le aziende mediamente stanno ancora producendo utili. Esse sono relativamente poco legate al finanziamento bancario e in molti casi hanno a disposizione ingenti somme in liquidità che non investono in attesa di un chiarimento del quadro congiunturale (http://www.corriere.it/economia/11_luglio_29/apple-liquidita-tesoro_dfc9366c-b9ea-11e0-9ceb-ac21c519f82b.shtml). Inoltre le economie degli ex paesi emergenti (molte delle quali con bilancio in attivo) sono in grado compensare in parte e addirittura aiutare quelle dei paesi occidentali. Il quadro reale potrebbe quindi non essere, al momento, così fosco come appare dalle oscillazioni recenti.

Non abbiamo volutamente dato risposte alle nostre domande in quanto non possiamo prevedere il futuro nè desideriamo aggiungerci alla schiera dei tanti opinionisti di cui abbiamo letto il pensiero sulla stampa o in rete.

In realtà non era questo il nostro obbiettivo. Il desiderio è di sollecitare i nostri lettori a porsi qualche domanda in più rispetto a quanto leggono o sentono dai media sempre a caccia del sensazionalismo esasperato. Di tentare di approfondire maggiormente quanto sta accadendo, di valutare come reagiscono i loro portafogli, e infine di domandarsi quanto sia opportuno fare - o non fare - in questi momenti.

Speriamo di aver fornito spunti interessanti.

P.S. recentemente abbiamo sentito parlare della "speculazione", paragonandola alle iene in senso denigratorio. Personalmente crediamo che le iene abbiano una funzione precisa e importante all'interno del Creato: ripuliscono la natura dalle carcasse di animali morti o feriti e difficilmente attaccano quelli sani e nel pieno delle loro forze. L'importante è che quando si avvicinano all'uomo egli sappia costruire un recinto forte per limitarne il loro operato. E quindi difendersi in modo efficace.

Ma questo è un altro discorso.

http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2011-08-25/deutschland-uber-alles-nessun-231653.shtml

giovedì 24 marzo 2011

E io pago! Il problema delle obbligazioni (bancarie) in collocamento.



Eh si, il grandissimo Totò aveva decisamente ragione. Infatti la sua famosissima frase "E io pago!" si può adattare perfettamente a molteplici situazioni.

Oggi vorremmo proporVi una delle più comuni tra i portafogli che ci vengono sottoposti da valutare: le obbligazioni (in particolare bancarie) proposte in collocamento (o offerta che dir si voglia).

Prima di tutto chiariamo due concetti elementari chiedendoVi di perdonarci la fortissima semplificazione: 
  1. Le obbligazioni sono "prestiti" che, a determinate condizioni di legge, i risparmiatori  erogano a chi le emette per finanziarsi per un certo periodo. Logicamente dietro corrispettivo degli interessi e, a scadenza, della restituzione del "prestito".
  2. Il collocamento o offerta è il periodo in cui questi titoli possono essere venduti prima che "vadano" sul mercato e quindi abbiano una quotazione ufficiale, trasparente e uguale per "tutti". Sempre se la banca decide di quotarle ufficialmente...
Ora vi presentiamo un estratto di un prospetto informativo che deve (il condizionale sarebbe più corretto) essere consegnato durante la fase di collocamento e comunque prima della sottoscrizione. La legge lo prevede proprio per rendere edotto e quindi tutelato qualsiasi possibile sottoscrittore rispetto alle caratteristiche del titolo che vorrebbe acquistare.

O più probabilmente che gli viene proposto con grande solerzia e il motivo sarà a breve chiarissimo.

Ricordiamo solo che per ingrandire un'immagine basta fare "click" con il mouse sopra l'immagine stessa.

Il documento è stato volutamente reso anonimo perchè l'obbiettivo dei nostri inverventi NON è di "sparare" contro chicchessia, ma di permetterVI di apprendere dei concetti che speriamo possano esserVi utili.

Per cortesia, massima attenzione ai passaggi seguenti.


Da una semplice, banale e veloce lettura del prospetto informativo possiamo scoprire alcune notizie MOLTO utili su cui ragionare con la massima attenzione.
  • Pago (attenzione NON investo) 100 di valore nominale per acquistarla.
  • Su 100 che pago in realtà investo solo il 96,29% mentre ben il 3,71% sono i costi totali in fase di sottoscrizione e addirittura il 2,90% sono costi di collocamento!! Nota: il 2,90% su 3,71% è la bellezza del 78,16%. Quindi il costo tecnico è solo il 21,84% del costo totale! Pago molto di più la vendita che la sua componente tecnica.
Perchè allarmarsi? Per il semplice fatto che collocamento = vendita e quindi su 100.000 € di investimento la bellezza di 2.900 € servono a pagare chi mi vende il titolo (sempre prima che vada a mercato). In altri termini un'esagerazione.

A questo punto il dubbio amletico è: ma quanto renderà questa fantastica emissione obbligazionaria? 

Vediamolo:


Nel caso (a nostro umile parere) fantascientifico caso che l'Euribor 3 mesi cresca nel periodo 2010-2016 soltanto del 35% all'anno (che per la cronaca fa circa il 505% cinquecentocinque per cento in sei anni!) lo scenario positivo ci prospetta una cedola del 2,144% annuo.

Sic!

Adesso sarebbe utile chiedersi cosa accade quando il nostro titolo "Star Trek" viene finalmente quotato e qui Vi riserviamo la nuova sorpresa che vi spieghiamo con un estratto di un grafico (che peraltro tra poco vedrete completo):


Cosa è accaduto di curioso? Che, guarda caso, il prezzo (che ricordiamo viene determinato dalla legge della domanda e dell'offerta) si è schiantato a poco più di 93! Strano? No, affatto: semplicemente il mercato come dicono a Napoli "non è fesso" e ha deciso che non ha nessun valido motivo per pagare quel 3.71 % di costi che abbiamo visto. Non solo visto che la differenza tra 100 e 93,2 (circa) fa 6,8 che è maggiore di 3,71, il mercato ha anche scontato qualche altro aspetto che capiremo tra poco. Quindi secondo il ragionamento "o abbassi il prezzo o te lo tieni" il prezzo è comprensibilmente crollato.

Proviamo a fare una nuova considerazione: era meglio acquistare durante il collocamento o subito dopo (ammesso che fosse davvero un titolo interessate)? Pagare 100 o pagare poco più di 93? Anche se a scadenza verrà comunque rimborsato a 100 la differenza ci pare davvero importante.

A questo punto immaginiamo che qualche inguaribile ottimista, osservando il grafico precedente possa esclamare "Già, ma guarda il prezzo come sta salendo in fretta!".

La risposta è nel secondo grafico: quello completo fino alla quotazione ad oggi:


Ahi, ahi, altri 3 punti circa in meno... Mancava un ultimo tassello alla valutazione: l'efficienza in termini di rendimento rispetto a diversi parametri (emittente, redditività, rischio ecc.) e il mercato ha pesantemente colpito.

Non solo: vedete quelle strane barrette grigie in basso sotto il grafico? E notate come sono piccine? Ebbene quelle barrette indicano i volumi (cioè le quantità di scambi) di quel titolo che come avete ormai capito sono bassissimi. Sentiamo già la domanda "Ma a me cosa importa?". Importa e molto visto che con un titolo poco liquido e quindi poco scambiato, in caso di possibile stato di necessità, avete la scelta tra due possibilità interessanti:
  • Tenervelo fino a scadenza (ma non avevate urgenza di liquidità per la casa del figlio?).
  • Svenderlo a un prezzo molto più basso di quanto lo avete pagato in collocamento cioè 100.
Ora salutiamo chi ha avuto la pazienza di leggerci con un'ultima domanda:

Se al prezzo di 100 il titolo avrebbe potuto (ricordate lo scenario positivo?) rendere (forse!) il 2,14,% a  un prezzo di 90, 82 quanto rende (certamente) oggi? Di più o di meno? Tanto o poco?

Proprio con l'ultimo prezzo disponibile di 90,82, il rendimento effettivo netto diventa addirittura il 3,962% con un incremento enorme rispetto a chi lo ha acquistato a 100 in collocamento!

P.S. Quindi quando Vi dicono: "Guardi ho un ottima obbligazione della nostra banca" prima di acquistare in collocamento pensateci MOLTO BENE e, almeno pretendete il documento informativo a cui dare una breve occhiata alla voce costi.

mercoledì 2 marzo 2011

Blocco delle trattazioni sui mercati: un problema grave. E' importante capire perché può accadere.



Recentemente sia la Borsa di Milano sia la Borsa di Londra hanno avuto pesanti blocchi operativi che per diverse ore (Milano sei ore e mezza, Londra più di quattro) hanno impedito il normale svolgersi delle trattazioni.

Questo, seppur non percepito da molti, può essere un notevole problema (rischio),  sia per i piccoli investitori sia per gli operatori istituzionali.

Il motivo è banale: a causa di un problema informatico: NESSUNO può più operare nè in acquisto nè in vendita e viene a mancare qualsiasi informazione sugli scambi.
Il problema, già grave in condizioni di mercato "normali", potrebbe diventare tragico, se avvenisse in momenti di particolare turbolenza.

In entrambi questi casi - quasi certamente - si è trattato "solo" di blocchi dei programmi che gestiscono l'intera operatività di un mercato finanziario e non occorre scatenare la fantasia in altre spiegazioni.

Abbiamo pensato quindi di scrivere un post per spiegare come funziona questa gestione e capire quali siano i limiti che comporta. L'idea è che anche questa sia "cultura finanziaria" e che possa interessare i nostri lettori.

Ogni Piazza Finanziaria dispone di un potentissimo elaboratore che opera mediante due fondamentali pilastri informatici:
  1. Il software di matching.
  2. Il software di informazione.
Proviamo a capire come funziona il sistema e perchè ENTRAMBI i software devono funzionare contemporaneamente per evitare il blocco totale delle contrattazioni.

Quando un risparmiatore inserisce un ordine, ad esempio di acquisto, questo prima viene "raccolto" dal proprio intermediario e poi convogliato verso il sistema di matching del mercato finanziario. Questo software raccoglie tutti i dati di acquisto e di vendita di tutti gli intermediari, li incrocia e da questa elaborazione viene creato il book. Questo strumento fondamentale delle contrattazioni di cui parleremo più approfonditamente in altra occasione, altro non è (scusandoci per l'estrema semplificazione) che una sorta di bacheca in cui sono pubblicate (almeno) le prime cinque offerte quantità/prezzo in vendita e le prime cinque in acquisto. In questo modo chiunque ha la possibilità di fare le sue scelte con piena coscienza dell'andamento del titolo e con assoluta equità di informazioni (assenza di asimmetrie conoscitive).

Il secondo fondamentale software invece, è quello che "restituisce" le informazioni proprio a broker e intermediari e che ci permette quindi di vederle proprio sul book in "tempo reale". In questo modo domanda e offerta sono pubblici  e trasparenti. Il tutto nello spazio di millisecondi.

I problemi sono: A) anche il software più evoluto può avere dei "bachi", errori di programmazione ,che si attivano nel momento più inaspettato; B) le varie borse adottano piattaforme informatiche assolutamente diverse; C) in realtà sui potentissimi elaboratori delle Piazze Finanziarie girano moltissi altri software ad esempio di informazione che, seppur non fondamentali, potrebbero creare ulteriori problemi.

Quindi il blocco delle trattazioni, per quanto raro, è un evento da tenere in considerazione e potrebbe creare situazioni spiacevoli anche ai piccoli risparmiatori. Purtroppo l'errore non è della macchina, ma in origine sempre di natura umana.

mercoledì 5 gennaio 2011

Ci avete mai pensato? Il vero filantropo? Chi fa profitti. Creare ricchezza merita un plauso almeno quanto distribuirla.



Anno nuovo, vita nuova. E in questo inizio di anno gli spunti di ragionamento da condividere con i nostri lettori sono davvero molti. Tanto da essere davvero in difficoltà nella scelta.

Abbiamo quindi deciso di iniziare con una piccola provocazione che probabilmente creerà qualche veemente reazione:

Chi fa profitti (per se stesso) è uno dei più efficienti benefattori. Migliore di molti filantropi.

Lanciato il sasso nello stagno, Vi lasciamo alla lettura di questo interessantissimo articolo e alle conclusioni che ognuno di Voi deciderà di trarre.


Un'ultima considerazione: non fateci indossare vesti politiche o ideologiche che NON ci interessano.